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Le basi quantistiche della coscienza intenzionale
Relazione di Gianfranco Basti
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Abstract
Come forse ricordiamo dai nostri studi di filosofia, la coscienza nel senso cartesiano del cogito veniva interpretata come assoluta soggettività o autocoscienza della “cosa pensante” (res cogitans), o “mente”, o “io”, collocata nel corpo, nella “cosa estesa” (res extensa) (nella ghiandola pineale o epifisi nel cervello). Kant parlerà dell’autocoscienza come dell’“io penso in generale” (Ich denke überhaupt). Sarà Brentano nel XIX sec. a rivendicare il carattere intenzionale della coscienza, mostrando che evidente a tutti che nessuno può “pensare, desiderare, percepire, … in generale”, ma sempre “pensare, desiderare, percepire, … qualcosa”. La relazione intenzionale soggetto-oggetto caratterizza sempre la coscienza che allora è come “un ellisse a due fuochi” (soggetto-oggetto) anche se resta il problema se soggetto-oggetto “coscienti” corrispondano a due realtà fisiche interagenti. Problema irrisolvibile se partiamo dall’autocoscienza come la metafora di “Alice e lo specchio” esemplifica al meglio: cosa ci sia effettivamente al di là dello specchio della coscienza non potrò mai saperlo se resto al di qua di esso, nella coscienza. È il biologo e neurofisiologo Damasio a indicare la via d’uscita rivendicando che l’intenzionalità prima che psichica è biologica perché nessun sistema biologico, dall’ameba all’uomo, e il cervello in particolare, può essere concepito come “chiuso”, isolato, ma sempre in “omeostasi” col suo ambiente. In uno stato di “bilanciamento fuori dall’equilibrio” perché basato su complessi sistemi di autoregolazione nell’organismo (e nel cervello) per controbilanciare la stimolazione continua dall’ambiente. Le ulteriori scoperte dell’epigenetica hanno confermato che l’interazione con l’ambiente non riguarda solo fenomeni metabolici e neurofisiologici ma la stessa nozione dell’informazione genetica, sia a livello ontogenetico che filogenetico. Ora, tanto i processi chimici che biologici hanno la loro fisica fondamentale nella teoria quantistica dei campi per sistemi “aperti” o “dissipativi”, e quindi nel concetto di “risonanza” o “coerenza di fase”, fra sistema e ambiente. Ovvero, quantisticamente, si tratta di campi che oscillano con la stessa fase, così che solo fra di essi avvengono scambi di energia in modo da costituire un unico sistema bilanciato. Si pensi alla corda che suona il “la” sulla chitarra e al “diapason” che risuona vibrando macroscopicamente (o viceversa), differentemente da una “forchetta” perché non in fase con la frequenza di vibrazione meccanica della corda. Oppure, al nostro sistema visivo che “risuona” (riceve stimoli) solo dalle frequenze del visibile del campo elettromagnetico, ma non da quelle dell’infrarosso con cui “risuona” invece l’occhio della civetta. In una parola la base fisica della coscienza è nell’entanglement quantistico organismo-ambiente. La coscienza intenzionale a base fisica non “rispecchia se stessa” sdoppiandosi in soggetto-oggetto, come Narciso o Alice, ma “rispecchia la realtà”.